Forse non tutti sanno che ieri sera, un po’ alla chetichella, si è tenuto un incontro presso il Palazzo Lombardia per raccontare al quartiere il progetto Casa della Memoria. Peccato che il quartiere ieri sera non c’era, fatta eccezione per uno sparuto gruppetto di abitanti dell’Isola a l’ANPI di zona.
Non che l’argomento non interessi nessuno, anzi. Sono anni che ci si arrovella intorno a questo rebus, come hanno anche dimostrato l’assemblea dello scorso maggio e i lavori del percorso partecipato per la Casa di Quartiere. La notizia eveidentemente non è circolata, ed è un peccato, visto che tutti gli interventi hanno riguardato il rapporto tra la Casa e il territorio che la ospiterà.
Una cosa è certa, non sarà un rapporto facile. Non è un mistero che il quartiere abbia accolto con scarso entusiasmo, quasi con ostilità, un progetto che pure è destinato a celebrare uno dei più alti valori della nostra civiltà, ovvero la memoria di quanti sono morti a causa delle persecuzioni, delle stragi, del terrorismo e per la difesa della libertà.
Le associazioni (ANPI,ANED,INSMLI,AIVITER, oltre all’Associazione familiari delle vittime di Piazza Fontana) si sono mostrate indignate per le osservazioni critiche che ancora ieri sono state avanzate da alcuni cittadini e dalla Stessa ANPI di zona sulla gestione delle Casa, e per quelle che considerano inopportune ingerenze del quartiere in un processo decisionale ormai concluso, destinato al completamento nella primavera 2015 in occasione del Settantesimo della Liberazione. A costoro vorremmo cercare di spiegare il nostro punto di vista.
“Cari signori,
nessuno è contrario alla Casa della memoria in quanto tale, come certamente potrà testimoniare l’ANPI di zona che che è molto radicata sul nostro territorio. Vi invitiamo anzi a venire nel nostro quartiere il 25 aprile e condividere il bel momento di festa che ogni anno si rinnova quasi miracolosamente in questa occasione.
Come ormai sapete bene, questo progetto è stato calato dall’alto a scapito di un altro progetto che stava invece molto a cuore al quartiere, ovvero la realizzazione di quel Community Center, o Centro Civico, o Casa del Quartiere che dir si voglia, che avrebbe dovuto portare nella zona tutta una serie si servizi civici di cui si sente estremamente il bisogno. Per questo è stato vissuto come un sopruso e una “spoliazione” piuttosto che, come sarebbe invece naturale, un arricchimento e un grande valore. Certamente non è colpa vostra e ne siamo ben consapevoli.
A questo si sono aggiunte le perplessità su un progetto architettonico e gestionale che ha molto disatteso le aspettative. Ci aspettavamo un vera “Casa”, con spazi ampi a disposizione del pubblico, dei percorsi aperti che fossero in grado di parlare il linguaggio delle giovani generazioni dato che, come avete voi stessi sottolineato, è prorio a loro che vi rivolgete in via prioritaria. Invece abbiamo scoperto che su 5 piani solo uno sarà dedicato a pubbliche attività, dovendo il resto essere destinato a uffici, archivi cartacei e deposito libri/biblioteca. Neanche lo spazio per un piccolo bar.
Se pur capiamo l’importanza della documentazione storica e d’archivio per la conservazione della testimonaninza, riteniamo però altrettanto importante la capacità di comunicarla ai giovani con un linguaggio che loro possano capire e di creare per loro, per tutti, un ambiente ospitale che favorisca l’inclusione e la partecipazione. La proposta di spostare gli archivi in un palazzo adiacente, in modo che la carta lasciasse spazio alla persone, era un invito in questa direzione, non certo un tentativo di espellervi dall’Isola.
Crediamo fermamente nei valori che con giusto orgoglio difendete e valorizzate con il vostro lavoro. Apprezziamo la vostra disponibilità al racconto e la voglia di condividere esperienze ed emozioni. Vi chiediamo soltanto la stessa disponibilità all’ascolto, perché non ci può essere memoria senza dialogo. E perché insieme, forse, possiamo trovare una soluzione migliore per tutti.