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L’oscuramento durante la guerra

Novembre 4th, 2015 by milanoisola Categories: Come eravamo, in evidenza One Response

Sono pochi coloro i quali ricordano gli oscuramenti durante la guerra e chi non li ha vissuti non può nemmeno immaginarseli.
Già dal 1940, all’entrata in guerra dell’Italia, era stato decretato l’oscuramento sul territorio nazionale. Questo significava che non dovesse trapelare dalle abitazioni la minima luce. Per questo era necessario persino riempire con carta di giornale gli spazi tra le liste delle persiane e se non sufficiente applicare dei fogli di carta blu all’interno dei vetri delle finestre. Ogni luce esterna era stata spenta. L’illuminazione stradale eliminata, le poche macchine di allora, per circolare, dovevano avere dei bordi verniciati in bianco, per aumentarne la loro visibilità, ed i fari luminosi schermati con un solo piccolo rettangolino scoperto. Anche le biciclette, per circolare al buio dovevano avere le estremità dei due parafanghi verniciate di bianco.

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Foto del Corriere della Sera

I bordi dei marciapiedi, sulle curve, verniciati di bianco. Le vetrate dei tram erano in masonite perchè non trapelasse alcuna luce all’esterno ed il faro anteriore era schermato come quello delle macchine. I numeri civici sui portoni, che erano allora come quelli attuali erano stati affiancati da dei grossi rettangoli in masonite con le cifre bianche, grosse ed in bianco su sfondo nero ed in tutta Milano recavano la pubblicità dei biscotti Guglielmone. Forse la Guglielmone, allora molto nota nel campo, aveva partecipato al costo dell’impresa o forse la aveva presa tutta a suo carico.

Poichè nelle sere senza luna la visibilità era zero, i pedoni si potevano munire di una specie di spilla al fosforo che permetteva di evitare dei veri scontri tra le persone. Anche mia sorella che lavorava in centro ne aveva una che le era utile nel percorso che faceva dalla fermata del tram in via Carlo Farini sino a casa in via Dal Verme. Il dramma era quando scendeva il nebbione, allora molto molto frequente, che con l’oscuramento rendeva veramente arduo il capire dove ci si trovava. Ricordo di essere uscito con mia mamma dal cinema Farini, attorno alle 18 e di avere fatto molta fatica a ritrovare casa nostra e comunque dopo avere diverse volte chiesto a qualcuno quale direzione prendere. Mi crederete?

In ogni fabbricato era stato nominato, già nel ’40, un Capo Fabbricato, che aveva il compito di controllare l’oscuramento dello stesso e di controllare che, in caso di allarme aereo tutti scendessero in rifugio. In Jacopo dal Verme 4 venne nominato mio papà, poi quando ci trasferimmo al 2 della stessa via con la latteria, dismise quell’incarico.
Particolarmente durante il periodo della RSI tutti erano molto attenti a rispettare l’oscuramento poichè se sino ad allora si rischiava solo un richiamo del CapoFabbricato, poi era facile farsi arrivare sulla persiana una raffica di mitra da una pattuglia della Muti che di notte controllava la città. Io ne ho sentite di queste sventagliate in via Dal Verme !

In quegli anni però la Luna continuava a fare il suo splendido servizio con l’abituale sua puntualità e nelle notti di plenilunio la città era rischiarata a giorno e si diceva : ” Stanotte arrivano ! “, e tutti dormivano con un occhio solo nella snervante attesa del segnale di allarme.
All’oscuramento che durò per tutti i cinque anni di guerra si aggiunse il Coprifuoco nel periodo della RSI. In Inverno era in vigore dalle 21 alle 6 e d’Estate dalle 22 alle 5. Potevano circolare solo i muniti di autorizzazione dei comandi preposti. Mio papà che lavorava in ferrovia la possedeva, rinnovata mensilmente, e facendo anche i turni di notte, 22-6, percorreva in bicicletta il tratto “dal Verme- Centrale” e più di una volta sentì fischiare vicino alle orecchie una pallottola sparatagli da lontano che per fortuna non lo avevano mai colpito. Così si viveva allora. Pattuglie della Muti, della Milizia e di altri corpi armati perlustravano la città di notte. Chi veniva trovato in possesso di un arma veniva giustiziato sul posto. Del resto, un civile con un arma addosso in quelle notti non era certo in istrada per fare del bene !
Si dice che l’uomo si adatti per sua natura a tutte le circostanze e ricordo che, dopo anni di quella vita ci si era fatto, come si dice, il callo.

Con il termine della guerra, alla fine dell’Aprile 1945, ebbe termine anche l’oscuramento. I lampioni delle strade non erano ancora stati riparati e messi in funzione ma di luce l’Isola era piena. In ogni cortile si ballava, i dischi giravano su di un grammofono, le lampadine accese facevano come da soffitto ai cortili e la gioia della gente arrivava alle stelle. La guerra era finita!!!
Anche le tre fucilazioni, effettuate in giornate diverse tra la fine di Aprile ed i primi di Maggio, dei tre Isolani: Brenna, Volpini e Mandelli, da parte di noti ubriaconi della zona, (io sono stato presente a tutte e tre e ne sono buon testimone) erano state rapidamente dimenticate. Tutti erano proiettati nel “Dopoguerra” . Ognuno con i suoi propri desideri ed aspirazioni.
I lampioni stradali dell’Isola restarono però ancora a lungo spenti. I primi ad essere messi in funzione furono quelli del Viale Zara tra Piazzale Lagosta e Via Stelvio. Era uno spettacolo! Dopo cinque anni di buio assoluto, questo splendore, ed in quelle sere di Primavera! Tutta l’Isola si era riversata, in quelle sere, in Viale Zara. Si bivaccava per ore sulle aiuole laterali , che in parte erano occupate dai rifugi antiaerei, già coperte di erbetta fresca, e si stava li a bearsi di quella luce, all’aperto.
L’oscuramento era alle spalle, il coprifuoco anche, davanti a se ognuno immaginava un mondo finalmente da vivere, ciascuno con le proprie idee.
“Isola anno zero “.

 di Gianni Tedeschi