Il Palazzo di Ligresti è sotto sequestro e neanche i Boschi Verticali stanno tanto bene. Dopo il fallimento del gruppo Ligresti la Porta Nuova isolana è colpita anche dal crack dell’azienda costruttrice delle “torri di Boeri” e la data di consegna rischia di slittare.
Era il peggior incubo degli isolani da quando sono iniziati i lavori di Isola Lunetta: il timore di una speculazione edilizia che si scontra con la crisi degli ultimi anni faceva temere a molti che le torri e gli altri edifici del mastodontico progetto potessero non essere mai ultimati e quindi trasformarsi in “ecomostri” abbandonati. Si spera che non sarà così, ma i fallimenti di questi ultimi mesi destano non poche preoccupazioni. A cominciare dal “palazzone di Ligresti”, da anni al centro di un’odissea giudiziaria che sembra non avere fine.
La prima convenzione che converte il giardino della Stecca in centro commerciale è del 1989. “Subito dopo – ricorda il Fatto Quotidiano – inizia un’odissea giudiziaria che porta ben due volte in pochi anni il Consiglio di Stato a interessarsi della vicenda, da una parte la proprietà (la Im.co. della famiglia Ligresti) dall’altra i Comitati di residenti contrari alla cementificazione dell’area. Nel 2009 il gip Anna Maria Zamagni sequestra il cantiere rilevando “una offesa al territorio e all’equilibrio urbanistico insito nella ultimazione della costruzione”. Tolti i sigilli gli operai ritornano a lavoro fino a un nuovo provvedimento giudiziario, quello del Tribunale fallimentare che lo scorso 14 giugno dichiara fallita la società proprietaria, appunto la Im.co. E così si è passati dallo stop voluto dai continui ricorsi allo stop e basta”.
Intanto, però, i 14 piani incompiuti svettano poderosi sul cielo di Milano. Il loro destino è affidato al futuro proprietario che si aggiudicherà l’asta fallimentare, perché per il momento è impossibile abbaterlo, come vorrebbero i residenti che hanno sempre combattuto una strenua battaglia contro questi mostri di cemento (nelle foto il blitz di Pianoterra del 25 maggio scorso).
Ora però sono ferme anche le torri della Hines, il colosso texano la cui società italiana amministrata da Manfredi Catella gestisce il progetto di sviluppo immobiliare Porta Nuova, a causa del crack dell’azienda appaltatrice dei lavori. La Zh construction, una delle imprese edili più importanti dell’Alto Adige, ha lasciato il cantiere del Bosco Verticale, dove lavoravano oltre 200 gli operai che, sentiti da Lettera43.it, dicono di non ricevere lo stipendio da quattro mesi. Hines Italia ha già deciso di affidare il cantiere a Colombo Costruzioni, uno dei principali general contractor nazionali che ha già realizzato gli edifici del nuovo grattacielo Unicredit.
La Hines si è impegnata a rispettare comunque la data di fine lavori, prevista per marzo 2014, mantenendo invariati i prezzi finali di acquisto, che variano da 7 a 13 mila euro al metro quadro. Per il momento sembra che sia stato venduto circa la metà dei nuovi appartamenti e il 60% degli spazi destinati all’uso ufficio: rilevati, peraltro, da Unicredit che è anche tra i principali finanziatori del piano. Le torri agli abitanti non sono mai piaciute, ma la prospettiva che possano andare ad aggiungersi ai già numerosi palazzi vuoti di Milano atterisce ancora di più.
Per ora il rischio sembra scongiurato dall’ingresso nell’affare della Qatar Holding, che ha comprato il 40% del progetto Porta Nuova a Milano garantendo un aumento di capitale, come già aveva fatto per il distretto finanziario di Londra e molti hotel di lusso della City. Insomma, il caldo vento del deserto inizia a soffiare anche all’Isola.