http://ad.zanox.com/ppc/?24071337C99788162T

Il bandito col pizzetto alla bersagliera

Marzo 22nd, 2012 by milanoisola Categories: Come eravamo No Responses

Fin dagli inizi del secolo l’Isola è stato un quartiere malfamato, rifugio della rinomata e temuta mala milanese, detta ligera, una micro-crimitalità che viveva per lo più di piccoli furti e ricettazione. Nel dopoguerra epici personaggi bazzicavano  il Bar Girardengo o il Bar dell’Aquila. “Giocavano a carte, confabulavano, ridevano fra loro, con risate anch’esse furtive, non alzavano mai la voce, mai un litigio. Portavano nomi di battaglia pomposi: Il Generale, Il Pascià, Il Profeta… Alcuni erano tornati da anni trascorsi in America. Nessuno li definiva delinquenti. Se ne guardavano bene, all’Isola. Li chiamavano “banditi”. Emuli nostrani dei gangster d’oltreoceano, gli si riconosceva la maestria spietata con cui avevano creato una società fuorilegge che faceva paura per il solo obbedire a regole proprie. (…) Delinquenti, come si vociferava con ripugnanza, erano ben altri individui, che con la malavita non avevano niente da spartire. Esseri che non si esibivano, pressoché invisibili, i cui atti criminali venivano compiuti nell’occulto”.

Barbieri

La foto della copertina del libro Italia Nera, di Franco di Bella, che fu scattata il 26 febbraio 1946 quando Barbieri fu catturato a Pero

Una delinquenza che nasceva spesso fra le macerie dei bombardamenti non ancora sgomberate, dalla miseria in fila alle mense per i poveri o alle prese con la borsa nera, dalle speranze deluse, gli strascichi di odio e la paura di un futuro ancora incerto, dove tra folle si sbandati cominciavano ad aggirarsi le prime belle auto dei nuovi ricchi, mentre l’ordine e la giustizia erano ancoa lontane dall’essere ripristinati con certezza. “Mi sono chiesto anch’io tante volte perché sono diventato bandito – ricordava nel 1971 Ezio Barbieri, star del banditismo milanese del dopoguerra – e ho pensato che l’unica ragione è stata la Milano di ventisei anni fa… sono diventato un bandito perché vedevo tutte le mattine mia madre alzarsi alle quattro e fare la coda per ore per avere mezzo chilo di pane. A volte si arrivava ai saccheggi dei negozi scoprendo le scorte alimentari erano esaurite. Milano era distrutta dalla guerra, interi quartieri erano rasi al suolo… c’era una metà della città che viveva sull’altra metà, una prendeva all’altra e l’altra subiva”.

L’Isola fu appunto la base di quell’Ezio Barbieri che insieme al compare Sandro Bezzi con una Lancia Aprilia nera targata MI 777 (proprio come il centralino della volante) si prese beffa per quasi un anno della polizia, che sfuggì sette volte alle manette, che riuscì a organizzare la più grande rivolta nella storia delle carceri italiane nell’ aprile del 1946.

Tra l’aprile 1945 e il febbraio 1946 fu il terrore di Milano, il pericolo pubblico numero uno, al cui mito contribuirono spettacolari inseguimenti d’auto e rocambolesche fughe per i tetti delle ravvicinate case del quartiere. “Io ricordo quando hanno sparato a Barbieri: lui veniva di volata da via Sebenico con la macchina, ha attraversato la piazza Minniti inseguito dalla polizia che gli ha sparato sull’angolo di via Porro Lambertenghi. Barbieri riuscì a scappare lasciando macchie di sangue sul selciato. La gente che lo vedeva fuggire gli batteva le mani”.

Troppi scrupoli Ezio Barbieri non ne aveva, anche se si fece sempre vanto di non aver mai ammazzato nessuno, ma seppe dare all’attività banditesca un marchio molto personale. Le strade di Milano non furono mai tanto insicure come nel periodo in cui imperversò la banda Barbieri – Bezzi. Anche in pieno giorno, anche in centro, l’Aprilia nera arrivava, creava posti di blocco superabili solo dietro il pagamento di un pedaggio, faceva razzie negli stabilimenti e nei depositi alimentari della Borsa Nera, ripuliva la borsa di un portavalori.

Barbieri abitava al 14 di via Borsieri. La casa aveva due entrate e lui spesso entrava da una parte e usciva dall’altra che dava su via Confalonieri. La base ce l’aveva al bar di sua sorella, all’angolo tra via Porro Lambertenghi  e via Pollaiolo, dove oggi c’è un Ristorante. Gli abitanti del quartiere lo tolleravano con malcelata indulgenza, poiché il lavoro sporco veniva svolto per lo più al di fuori dei confini dell’Isola e il bottino arrivava talvolta fino all’uscio di casa delle famiglie più povere: “Lui andava nel Centro, li “pelava” senza usare un’arma e poi tornava qui per dividere. Si trovavano al bar in via Borsieri al 24, e lui distribuiva il malloppo, tra i suoi ragazzi e tra quelli che ne avevano bisogno”.

Ezio Barbieri oggi

Non c’erano dubbi sull’identità dei rapinatori, non solo perché erano tutti ben noti nel quartiere, ma perché Barbieri non si copriva mai il volto, il suo pizzetto alla moschettiera era come una specie di logo commerciale. Ci teneva a far sapere la sua attività, e se ne faceva motivo di vanto. “Il Barbieri faceva del bene alla povera gente – questo diceva la voce popolare – Se è stato un bandito è un altro discorso, ma lui dava i soldi a chi ne aveva bisogno. Tutti lo salutavano quando passava per il quartiere”.

Il mito si concluse il 26 febbraio, con la morte di Sandro Bezzi e l’arrresto di Ezio Barbieri. Barbieri è uscito da carcere nel 1971, dopo 25 anni di reclusione, e ha trovato rifugio a Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, dove trascorre il resto della sua vita in tranquillità e nell’anonimato. Sulla sua vicenda ha scritto un bel libro Alberto Bevilacqua, “La Pasqua rossa”, da cui è stata tratta la citazione iniziale di questo post. Prossimamente uscirà una biografia presso Milieu Edizioni.

Si narra che alla base della schiena abbia ancora le scheggie di piombo dei proiettili con cui fu ferito dalla polizia nel novembre del 1945. E che negli aereoporti faccia scattare sempre gli allarmi.

Ezio Barbieri si racconta a Novant’anni (videointervista a cura di Milieu Edizioni):

 

Bibliografia

Franco di Bella, “Italia Nera”, Sugar Editore, 1960

Nicola Erba, “Criminali o Ribelli? Banditi a Milano: la banda Barbieri-Bezzi e la rivolta di San Vittore a Milano del 1946”, in Storia in Lombardia, anno XXIX, n. 3, 2009

Ezio Barbieri, Nicola Erba, “Il bandito dell’Isola”, Milieu Edizioni 2013

Alberto Bevilacqua, “La Pasqua rossa”, Einaudi 2003

Paolo Deotto: http://www.storiain.net/arret/num71/artic4.asp

Effervescenze urbane: quartieri creativi a Milano, Genova e Sassari, a cura di Laura Bovone,Antonietta Mazzette,Giancarlo Rovati